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Trump sul piede di guerra

NEW YORK – Quindici anni dopo la dichiarazione di George W. Bush che l’Iraq, l’Iran e la Corea del Nord costituivano un “asse del male”, Donald Trump ha denunciato l’Iran e la Corea del Nord con parole altrettanto caustiche nel suo primo discorso alle Nazioni Unite. Le parole hanno conseguenze, e quelle di Trump rappresentano una minaccia catastrofica e immediata alla pace, proprio come lo furono quelle di Bush nel 2002.             

All’epoca, Bush fu ampiamente elogiato per la sua risposta agli attentati terroristici dell’11 settembre 2001. Mobilitare l’opinione pubblica verso la guerra è facile, e ancor più lo è stato da quel momento in poi. Eppure, su tutti i fronti in cui si è dispiegato – Afghanistan, Iraq, Iran e Corea del Nord – il militarismo statunitense non ha fatto che perdere la fiducia globale, vite umane, denaro e tempo prezioso. E l’approccio di Trump è molto più bellicoso, nonché pericoloso, di quello di Bush.      

Per Trump, come per Bush, esistono il Bene (l’America) e il Male (l’Afghanistan dei talebani, l’Iran, la Corea del Nord e l’Iraq di Saddam Hussein). L’America, ovvero il Bene, avanza pretese nei confronti dei malvagi. Se questi ultimi non rispondono adeguatamente, può ricorrere all’opzione militare o emanare sanzioni punitive per imporre quella che è la “giustizia” secondo gli Stati Uniti.  

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