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Riuscirà l’Europa a riconquistare i giovani europei?

BERLINO/VIENNA/ROMA – Nessuno di noi ricorda le frontiere all’interno dell’Europa. Al posto dei francobolli dei singoli paesi, da bambini abbiamo collezionato i primi euro con i diversi simboli delle capitali europee. Siamo una generazione che è europea in tutto e per tutto.

Eppure, molti giovani europei si sentono frustrati e delusi dall’incapacità dell’Ue di mantenere le sue promesse. I dati allarmanti sulla disoccupazione giovanile, che in paesi come Italia, Grecia, Spagna e persino Svezia oggi arrivano a sfiorare valori compresi tra il 25 e il 40%, rappresentano per molti un motivo più che sufficiente per mettere in dubbio il valore dell’Ue. Oltretutto, nonostante viviamo in un’epoca di pace e di relativa prosperità economica, la nostra generazione è cresciuta in un susseguirsi di crisi: la crisi finanziaria, la crisi migratoria, la crisi climatica, e ora l’attuale crisi economica e sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19. 

Mentre alla fine del febbraio 2020 il virus aveva già provocato le prime vittime a Bergamo, a Ischgl si cantava ancora durante l’après-ski e a Colonia si festeggiava il carnevale in allegria. Man mano, però, che la pandemia si diffondeva rapidamente in tutta Europa, presto è apparso chiaro che nessuno stato nazionale poteva sconfiggere il virus o ricostruire l’economia da solo.

Al contrario, per superare le varie crisi che affliggono l’Europa e il crescente senso di disperazione che serpeggia tra i giovani, i leader europei dovranno restare uniti e, innanzitutto, trovare il coraggio di realizzare investimenti e riforme. I governi europei vanno elogiati per aver mobilitato in tempi rapidi ingenti somme di denaro per attutire l’impatto socio-economico della pandemia. E il piano dell’Ue che prevede l’emissione di debito comune per finanziare il nuovo fondo di ricostruzione da 750 miliardi di euro (877 miliardi di dollari) rappresenta un grande passo avanti.

Tuttavia, è fondamentale che tale processo sia accompagnato da altre riforme. Se contrae debiti collettivamente, l’Ue dev’essere anche in grado di riscuotere le proprie risorse per poterli risarcire, altrimenti c’è il rischio che gli investimenti di oggi vadano a scapito dei suoi programmi futuri. La roadmap per nuove risorse proprie, siglata di recente, è un ottimo inizio e fa sperare in progressi concreti. Essa comprende una tassa sulla plastica monouso, l’estensione del sistema di scambio di quote di emissione dell’Ue e una tassa digitale, tutte misure volte ad aumentare le entrate. Il Parlamento europeo e la Commissione ora devono fare in modo che gli stati membri onorino gli impegni assunti. 

Altrettanto importante è che il denaro del fondo di ricostruzione Ue sia legato agli obiettivi del Green Deal europeo, e che gli investimenti in settori come la ricerca di base non vengano trascurati nella comprensibile fretta di uscire dalla recessione causata dalla pandemia. Del resto, tali investimenti sono essenziali per garantire occupazione e prosperità alle generazioni future.

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Oggi all’Ue manca questo necessario orizzonte di lungo termine. Prendiamo l’intelligenza artificiale. Mentre, tra il 2018 e il 2019, gli Stati Uniti e la Cina hanno investito rispettivamente circa 36 e 25 miliardi di dollari nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, il  totale degli investimenti privati dell’Ue è stato di soli 4 miliardi. Se l’Europa vuole attrezzarsi per il futuro, deve investire oggi, con coraggio e determinazione, in energia verde, digitalizzazione e altri settori di ricerca all’avanguardia.

L’Europa deve dimostrare solidarietà anche su altre questioni chiave. Il sentimento di amarezza e di delusione nei confronti dell’Ue che molti italiani provavano all’inizio della pandemia oggi è in gran parte svanito, soprattutto dopo l’adozione del pacchetto per la ricostruzione europea, quando la cancelliera tedesca Angela Merkel ha affermato che “come sempre, ciò che fa bene all’Europa fa bene anche a noi”. Anche l’Austria non sta meglio se gli altri paesi europei soffrono economicamente. Al contrario, le aziende e i cittadini austriaci beneficiano degli aiuti economici in tutta Europa. 

La solidarietà europea, però, dovrebbe andare oltre gli aiuti economici e i debiti comuni, e guidare le nostre azioni anche su temi quali migrazione e cambiamento climatico. Le sfide riguardanti la questione dei profughi, dei richiedenti asilo e dei migranti sono destinate a intensificarsi nei decenni a venire a causa dei disastri ambientali, delle guerre e della povertà che colpiscono i vicini dell’Europa. Pertanto, non possiamo permetterci di fare passi piccoli o a breve termine. Il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo, recentemente presentato dalla Commissione, contiene proposte per la protezione delle frontiere esterne dell’Ue; tuttavia, abbiamo bisogno di un sistema integrato che prevenga la tragica perdita di vite umane tra i migranti che tentano disperatamente di raggiungere le coste europee, e crei un quadro a lungo termine con competenze e responsabilità chiare.

Infine, l’Europa deve avere una visione chiara di quale sia il suo posto nel mondo. L’ex cancelliere tedesco Helmut Schmidt una volta disse che chiunque abbia delle visioni dovrebbe consultare un medico. Ma se l’Europa non svilupperà un’idea precisa del suo ruolo globale, resterà dietro alle potenze che invece ce l’hanno. 

Non si tratta soltanto di una questione accademica. Attualmente l’Europa rischia di essere schiacciata, sia economicamente che politicamente, in un conflitto tra grandi potenze tra gli Stati Uniti e la Cina. Ma essa dispone di un modello attraente che si distingue chiaramente da quello radicale dell’economia di libero mercato degli Stati Uniti e dallo stato di sorveglianza digitale della Cina, e che andrebbe promosso verso il resto del mondo.

La crisi legata al Covid-19 sarà tanto importante per il futuro dell’Europa almeno quanto lo è stata la caduta del muro di Berlino per la generazione dei nostri genitori. Ad un certo punto, dovremo dare una risposta ai nostri figli quando ci chiederanno come l’abbiamo affrontata. Se oggi prenderemo le decisioni giuste, potremo dire con orgoglio che la pandemia è stata il momento in cui l’Europa ha riscoperto il proprio coraggio e dinamismo, e dato ai suoi giovani una nuova speranza per il futuro.

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