tax protest Christopher Furlong/Getty Images

Come tassare le multinazionali “mobili”?

NEW YORK – Negli ultimi anni la globalizzazione è tornata a essere sotto attacco. Alcune critiche potranno essere fuori luogo, ma una è sicuramente azzeccata: la globalizzazione ha permesso a grandi multinazionali, come Apple, Google e Starbucks, di non pagare le tasse. 

Apple è diventata il simbolo delle aziende che eludono il fisco. Dopo aver rivendicato che la vera fonte dei suoi profitti erano alcune centinaia di persone che lavorano in Irlanda, ha stretto un accordo con il governo del paese per assicurarsi un’aliquota fiscale pari allo 0,005% dei suoi guadagni. Apple, Google, Starbucks e imprese simili dichiarano tutte di essere socialmente responsabili, ma un primo segno di responsabilità sociale dovrebbe essere quello di pagare le giuste tasse. Se ognuno eludesse ed evadesse il fisco come fanno queste imprese, una società non potrebbe funzionare e tanto meno effettuare gli investimenti pubblici che hanno portato alla diffusione di Internet, da cui Apple e Google dipendono.      

Da anni, le aziende multinazionali incoraggiano una corsa al ribasso, chiedendo a ogni paese di ridurre le proprie aliquote fiscali ancor di più rispetto ai suoi concorrenti. Lo sgravio fiscale del 2017 voluto dal presidente statunitense Donald Trump ha rappresentato il culmine di tale tendenza e, a distanza di un anno, i risultati sono evidenti: l’euforia impressa all’economia americana si sta rapidamente smorzando, lasciandosi dietro una montagna di debiti (l’anno scorso il deficit Usa ha superato quota mille miliardi di dollari).

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