eichengreen93_Olivier Douliery_Stringer_TPP Protest Olivier Douliery/ Stringer

Qual’è il problema del protezionismo?

PORTO – Su una cosa si hanno delle certezze in merito alle imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti: il futuro Presidente non sarà un liberoscambista impegnato. La presunta candidata democratica, Hillary Clinton, è nella migliore delle ipotesi, una indifferente sostenitrice del libero commercio e del Partenariato Trans Pacifico in particolare. La sua controparte repubblicana, Donald Trump, è interamente ostile agli accordi commerciali che renderebbero più aperti i mercati statunitensi. Andando contro la tradizione repubblicana moderna, Trump ha l’obiettivo di imporre un dazio del 35% sulle auto importate e le parti prodotte dagli stabilimenti Ford in Messico e del 45% sulle importazioni dalla Cina.

Gli economisti sono quasi del tutti unanimi nell’affermare che gli effetti macroeconomici del piano di Trump sarebbero disastrosi. Il rifiuto del commercio libero e aperto demolirebbe la fiducia e daneggerebbe gli investimenti. Altri paesi si vendicherebbero imponendo essi stessi delle tariffe, indebolendo le esportazioni statunitensi. Le conseguenze sarebbero simili a quelle della legge Smoot-Hawley, introdotta dal Congresso nel 1930 e firmata da un precedente, disgraziato Presidente repubblicano, Herbert Hoover – una misura che ha portato all’esasperazione della Grande Depressione.

Ma solo perché gli economisti sono d'accordo non significa che abbiano ragione. Quando l'economia si trova in una trappola di liquidità - quando la domanda è carente, i prezzi sono stagnanti o in calo e i tassi di interesse sono vicini allo zero – la logica macroeconomica normale perde di importanza. Tale conclusione si applica agli effetti macroeconomici di protezione attraverso i dazi doganali in generale e alla legge Smoot-Hawley in particolare. Questo è un punto che ho sottolineato in un documento accademico scritto - ho esitato prima di ammetterlo - 30 anni fa.

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