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Un nuovo equilibro per l’era globale

LONDRA – I movimenti protezionistici e la tendenza a “riportare tutto sotto controllo” continueranno a fiorire fino quando la globalizzazione resterà senza una guida, sarà priva di un volto umano e procederà come un treno in corsa sbandando e andando fuori controllo.

È triste ma ci sono delle buone ragioni per le quali “globalizzazione” sia diventata una brutta parola per milioni di persone. I pilastri del trentennale “Consenso di Washington” stanno collassando. Molti ora concordano sul fatto che il libero scambio senza commercio equo crea milioni di perdenti accanto ai vincitori. I flussi di capitale non regolamentati, soprattutto i flussi speculativi a breve termine, possono destabilizzare le economie. E le crescenti disuguaglianze sociali possono sortire effetti negativi sulla crescita.

Questa consapevolezza colpisce direttamente al cuore del fondamentalismo del libero mercato – focalizzato su liberalizzazione, deregolamentazione, privatizzazione, sgravi fiscali e riduzione della pressione fiscale e ridimensionamento dello Stato – prevalso nel mondo politico negli ultimi decenni. A distanza di dieci anni dalla crisi finanziaria globale non si può fare a meno di riconoscere che persone o aziende che agiscono esclusivamente nel proprio interesse non sempre siano al servizio del pubblico.

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