MILANO – A questo punto della pandemia, la domanda chiave è se la produzione di vaccini possa subire un’accelerazione tale da consentire alla maggior parte delle persone di essere vaccinata in tempi rapidi. Il che ci porta a un’altra domanda implicita: se e in quali circostanze sia appropriato sospendere i diritti di proprietà intellettuale concordati a livello nazionale e internazionale. La questione viene discussa all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio ora che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è sorprendentemente dichiarata favorevole a un meccanismo di rinuncia alla protezione dei brevetti sui farmaci anti-Covid, creando una spaccatura tra i governi occidentali.
La maggior parte concorda sul fatto che ci sarebbero una serie di condizioni a giustificare una rinuncia, e questa pandemia sicuramente le soddisfa. I milioni di vite umane minacciate dal virus dovrebbero innescare un senso comune di umanità. E la vaccinazione è un bene pubblico, perché la sicurezza di tutti dipende in ultima analisi da quella di tutti gli altri. In alcuni casi, i governi hanno investito insieme alle aziende nello sviluppo di vaccini, rafforzando la tesi a favore delle licenze obbligatorie. Ma qualunque cosa facciamo in tal senso non deve produrre conseguenze avverse o non intenzionali che possano compromettere le nostre risposte a future crisi di questo tipo.
Dobbiamo iniziare da una domanda fondamentale: la proposta al vaglio chiederebbe la rinuncia alla proprietà intellettuale o consentirebbe semplicemente la concessione di licenze obbligatorie, in base alla quale l’azienda conserva i propri diritti di proprietà intellettuale e il diritto a trarne dei profitti? Tra i due è preferibile la licenza obbligatoria. Riconoscendo che chi crea il vaccino abbia diritto a un profitto, l’effettivo negativo sugli incentivi futuri sarebbe ridotto al minimo.
MILANO – A questo punto della pandemia, la domanda chiave è se la produzione di vaccini possa subire un’accelerazione tale da consentire alla maggior parte delle persone di essere vaccinata in tempi rapidi. Il che ci porta a un’altra domanda implicita: se e in quali circostanze sia appropriato sospendere i diritti di proprietà intellettuale concordati a livello nazionale e internazionale. La questione viene discussa all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio ora che l’amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden si è sorprendentemente dichiarata favorevole a un meccanismo di rinuncia alla protezione dei brevetti sui farmaci anti-Covid, creando una spaccatura tra i governi occidentali.
La maggior parte concorda sul fatto che ci sarebbero una serie di condizioni a giustificare una rinuncia, e questa pandemia sicuramente le soddisfa. I milioni di vite umane minacciate dal virus dovrebbero innescare un senso comune di umanità. E la vaccinazione è un bene pubblico, perché la sicurezza di tutti dipende in ultima analisi da quella di tutti gli altri. In alcuni casi, i governi hanno investito insieme alle aziende nello sviluppo di vaccini, rafforzando la tesi a favore delle licenze obbligatorie. Ma qualunque cosa facciamo in tal senso non deve produrre conseguenze avverse o non intenzionali che possano compromettere le nostre risposte a future crisi di questo tipo.
Dobbiamo iniziare da una domanda fondamentale: la proposta al vaglio chiederebbe la rinuncia alla proprietà intellettuale o consentirebbe semplicemente la concessione di licenze obbligatorie, in base alla quale l’azienda conserva i propri diritti di proprietà intellettuale e il diritto a trarne dei profitti? Tra i due è preferibile la licenza obbligatoria. Riconoscendo che chi crea il vaccino abbia diritto a un profitto, l’effettivo negativo sugli incentivi futuri sarebbe ridotto al minimo.