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Coronavirus: Tempo di ripensare il futuro delle nostre città

MILANO – Se c'è qualcosa che questa emergenza globale ci ha insegnato è che progettare le nostre città affinché rispondano a dei bisogni non è più sufficiente.

Il coronavirus ha dimostrato, nella sua statistica crudezza, che l'elefante nella stanza non può essere ignorato all'infinito. Agire solo in funzione della necessità, senza pianificare per l'eventuale, inteso come evento improbabile, non basta. Il coronavirus il conto ce lo sta facendo pagare salato, colpendoci in quello che è il cuore pulsante, motore della crescita, dello scambio di idee e di culture, magma generativo e determinante dei nostri comportamenti sociali: la città.

Come possiamo noi architetti, contribuire alla ricostruzione di un modello credibile di pianificazione? Progettare, pianificare, prevedere possono essere sinonimi in un testo di prosa, non lo sono nel mondo tecnico e scientifico. Pianificare correttamente significa progettare un sistema evolutivo del quale si devono prevedere i limiti. Su questi limiti di funzionamento del sistema si deve costruire una lucida, fredda, percezione del rischio e procedere di conseguenza.

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