Javier Solana, a former EU high representative for foreign affairs and security policy, secretary-general of NATO, and foreign minister of Spain, is President of EsadeGeo – Center for Global Economy and Geopolitics and Distinguished Fellow at the Brookings Institution.
MADRID – Durante l’attesa densa di tensione da parte degli egiziani per i risultati delle elezioni presidenziali, un’ondata di pessimismo si è abbattuta sui giovani e sui liberali laici fautori della deposizione di Hosni Mubarak nel gennaio del 2011. La sensazione del “tutto è possibile” derivata dalla ribellione di Piazza Tahrir si è affievolita, ed ora due candidati ai quali i dimostranti si sono opposti con forza, Mohamed Morsi e Ahmed Shafiq dei Fratelli Musulmani, i tuttofare del vecchio regime (e dell’attuale governo militare), si sono trovati al confronto nel secondo turno.
La triade delle forze fondamentali che stanno portando avanti l’Egitto dall’inizio della primavera araba (i militari, la moschea e la massa di Piazza Tahrir), ciascuna con una diversa tipologia di potere ed interessi, si è quindi spezzata. Coloro che hanno riempito Piazza Tahrir 16 mesi fa sono stati fatti tacere e l’atteso trasferimento del potere dai militari ad un governo civile e democratico è ora in dubbio.
Sin dall’assunzione del potere dopo la caduta di Mubarak, il Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF) guidato da Field Marshal Mohamed Hussein Tantawi, per vent’anni ministro della difesa sotto Mubarak, ha indebolito in modo persistente il lavoro delicato della
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