Recep Tayyip Erdogan and Vladimir Putin Mustafa Kaya/ZumaPress

La tentazione autoritaria

NEW YORK – Nel mese di agosto di ventiquattro anni fa, gli estremisti sovietici, nel disperato tentativo di bloccare sul nascere la transizione democratica del paese, arrestarono Mikhail Gorbachev e proclamarono la corte marziale. In tutta risposta, milioni di manifestanti si riversarono nelle strade di Mosca e di altre città dell’Unione sovietica. Alcune figure chiave dell’esercito disertarono il colpo di Stato, che, pertanto, fallì nel giro di poco e fu seguito a breve distanza dal crollo dell’Unione sovietica.

Sebbene le condizioni economiche dell’Urss nei suoi ultimi mesi di vita fossero terribili, la gente riusciva a percepire le libertà che si profilavano all’orizzonte e, a differenza di oggi, era disposta a difenderle. Di fatto, nei primi anni della transizione democratica che seguì, la maggioranza degli elettori post comunisti resistette alla tentazione di eleggere candidati estremisti che promettevano di porre fine alle difficoltà che il paese stava attraversando, scegliendo, invece, i rappresentanti più assennati che erano in circolazione.

I russi, ad esempio, scartarono Vladimir Zhirinovsky, un nazionalista antisemita che sembrava la caricatura di Donald Trump, a favore di Boris Yeltsin, uomo che aveva sfidato i carri armati durante il fallito colpo di stato del 1991 e riconosciuto che il futuro del suo paese era dalla parte della democrazia e dell’Occidente. In Romania, il poeta estremista Corneliu Vadim Tudor fu sconfitto da una serie di pragmatisti corrotti, a cominciare da Ion Iliescu, che aveva guidato la cacciata dell’ultimo leader comunista del paese, Nicolae Ceaușescu.

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