Russia's economic future Alexander Nemenov/Getty Images

L’indebolita posizione economica della Russia

CAMBRIDGE – Quando il presidente russo Vladimir Putin incontrerà il suo omologo americano, Donald Trump, in occasione del vertice del G20 che si tiene questa settimana ad Amburgo, non lo farà da una posizione di forza sul piano economico. Sicuramente, malgrado il crollo dei prezzi del petrolio iniziato tre anni fa, la Russia è riuscita a evitare una profonda crisi finanziaria. Sebbene, però, l’economia stia registrando una modesta ripresa dopo due anni di grave recessione, il futuro non appare più così promettente come la leadership del paese pensava soltanto cinque anni fa. Ostacolando la realizzazione di riforme politiche ed economiche serie, tale situazione compromette di fatto la capacità di Putin di concretizzare le sue ambizioni strategiche per la Russia.    

Nel 2012, quando Putin apparve sul palco a fianco dell’economista e premio Nobel Paul Krugman a una conferenza bancaria organizzata a Mosca, la crisi economica russa del 1998 sembrava un ricordo lontano. Grazie a prezzi del petrolio ben oltre i 100 dollari al barile, le casse dello stato erano stracolme e Putin poteva contrapporre con orgoglio l’avanzo di bilancio della Russia agli ampi deficit dei paesi occidentali provocati dalla recessione, nonché gustarsi la scena del pubblico russo che ascolta Krugman commentare la cattiva gestione della crisi finanziaria globale da parte delle democrazie occidentali. 

In un’altra sessione, l’economista russo Sergei Guriev (che in seguito fu costretto a lasciare il paese) aveva sostenuto che, fintantoché le istituzioni russe, ad esempio i tribunali, fossero rimaste deboli non vi sarebbe stata alcuna possibilità di diversificare l’economia del paese fondata sulle risorse. Troppe decisioni importanti dipendevano da un solo uomo. Intervenendo a quella sessione, io stesso avevo sottolineato il fatto che, senza riforme cruciali, un crollo dei prezzi mondiali dell’energia avrebbe generato problemi enormi.    

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