marcus23_Stephane De Sakutin_Stringer Stephane De Sakutin/Stringer

Qualcosa non va nei compensi dei dirigenti?

LONDRA – Per le imprese pubbliche in tutto il mondo questo è il periodo dell’anno in cui si tiene la consueta assemblea generale e, come negli anni passati, torna ad affacciarsi un tema che sposta in prima pagina le news aziendali, normalmente confinate nella sezione di economia e finanza: i compensi dei dirigenti. Le aziende continuano ad annunciare pacchetti retributivi per i manager che lasciano la gente a bocca aperta, non solo perché il divario fra i dipendenti più pagati e quelli meno pagati è enorme, ma anche perché questi compensi hanno poco a che vedere con la performance aziendale.   

Malgrado ciò, è in atto un’azione di protesta guidata da un gruppo, a cui imprese e consigli di amministrazione farebbero bene a prestare attenzione, formato dai loro maggiori e più influenti investitori. Fondi speculativi, pensione e sovrani dicono di stare esaminando i compensi dei dirigenti e che è giunto il momento di considerare seriamente l’ipotesi di una riforma.   

Il fondo sovrano della Norvegia, del valore complessivo di 870 miliardi di dollari, ha dichiarato di volersi concentrare sulle strutture retributive. Le società d’investimento Aberdeen Asset Management e Royal London Asset Management figurano tra gli azionisti che si sono fermamente opposti alla proposta della BP di un incremento retributivo del 20% per l’amministratore delegato Bob Dudley in un anno in cui l’azienda ha subito perdite record, unendosi così al 59% di investitori che ha contestato il pacchetto. Sebbene il voto della BP non fosse vincolante, si è trattato di un chiaro segnale per l’azienda e il suo consiglio di amministrazione.  

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