KIEV – Due anni fa, cinque dei dieci nuovi membri dell’Unione europea appartenenti all’Est europeo – i tre stati baltici, Ungheria e Romania – sembravano devastati dalla crisi finanziaria globale. Dilagavano malcontento sociale, enormi svalutazioni e proteste populiste.
Poi tutto si è sistemato. Oggi, tutti questi paesi stanno tornando alla stabilità finanziaria e alla crescita economica senza particolari sconvolgimenti. Oltretutto, nessun paese ha modificato il proprio sistema di cambio. La Vecchia Europa dovrebbe imparare qualcosa da questo notevole successo della Nuova Europa.
A causare la crisi finanziaria dell’Est europeo è stato un classico ciclo creditizio di tipo “boom/bust”. I paesi dell’Est europeo hanno attirato ampi flussi di capitali internazionali, grazie alla blanda politica monetaria globale e alle condizioni accomodanti dell’attività imprenditoriale. Alla fine, i prestiti bancari a breve termine, divenuti eccessivi, furono impiegati per finanziare investimenti immobiliari a dismisura e folli consumi, mentre l’inflazione prendeva piede.
KIEV – Due anni fa, cinque dei dieci nuovi membri dell’Unione europea appartenenti all’Est europeo – i tre stati baltici, Ungheria e Romania – sembravano devastati dalla crisi finanziaria globale. Dilagavano malcontento sociale, enormi svalutazioni e proteste populiste.
Poi tutto si è sistemato. Oggi, tutti questi paesi stanno tornando alla stabilità finanziaria e alla crescita economica senza particolari sconvolgimenti. Oltretutto, nessun paese ha modificato il proprio sistema di cambio. La Vecchia Europa dovrebbe imparare qualcosa da questo notevole successo della Nuova Europa.
A causare la crisi finanziaria dell’Est europeo è stato un classico ciclo creditizio di tipo “boom/bust”. I paesi dell’Est europeo hanno attirato ampi flussi di capitali internazionali, grazie alla blanda politica monetaria globale e alle condizioni accomodanti dell’attività imprenditoriale. Alla fine, i prestiti bancari a breve termine, divenuti eccessivi, furono impiegati per finanziare investimenti immobiliari a dismisura e folli consumi, mentre l’inflazione prendeva piede.