FIRENZE – Torniamo verso la fine degli anni '90. Dopo una pausa di otto decenni, l'economia globale si stava riunificando. L'apertura economica era all'ordine del giorno. La finanza veniva liberalizzata. La nascente Internet avrebbe presto dato a tutti nel mondo un uguale accesso alle informazioni. Per gestire l'interdipendenza sempre crescente sono state sviluppate nuove istituzioni internazionali. E’ stata creata l’Organizzazione mondiale del commercio. Un accordo vincolante sul clima, il Protocollo di Kyoto, era stato appena ultimato.
Il messaggio era chiaro: la globalizzazione non riguardava solo la liberalizzazione dei flussi di beni, servizi e capitali, ma la definizione delle regole e delle istituzioni necessarie per guidare i mercati, promuovere la cooperazione e fornire beni pubblici globali.
Ora avanziamo rapidamente fino al 2018. Nonostante un decennio di trattative, i negoziati commerciali globali lanciati nel 2001 non hanno ottenuto risultati. Internet è diventato frammentato e potrebbe frammentarsi ulteriormente. Il regionalismo finanziario è in aumento. Lo sforzo globale per combattere il cambiamento climatico si basa su una serie di accordi non vincolanti, da cui gli Stati Uniti si sono ritirati.
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At the end of European Communism, there was a widespread, euphoric hope that freedom and democracy would bring a better life; eventually, though, many lost that hope. The problem, under both Communism and the new liberal dispensation, was that those pursuing grand social projects had embraced ideology instead of philosophy.
considers what an Albanian Marxist philosopher can tell us about liberty in today's world.
For the US, Slovakia's general election may produce another unreliable allied government. But instead of turning a blind eye to such allies, as President Joe Biden has been doing with Poland, or confronting them with an uncompromising stance, the US should spearhead efforts to help mend flawed democracies.
reflect on the outcome of Slovakia's general election in the run-up to Poland's decisive vote.
FIRENZE – Torniamo verso la fine degli anni '90. Dopo una pausa di otto decenni, l'economia globale si stava riunificando. L'apertura economica era all'ordine del giorno. La finanza veniva liberalizzata. La nascente Internet avrebbe presto dato a tutti nel mondo un uguale accesso alle informazioni. Per gestire l'interdipendenza sempre crescente sono state sviluppate nuove istituzioni internazionali. E’ stata creata l’Organizzazione mondiale del commercio. Un accordo vincolante sul clima, il Protocollo di Kyoto, era stato appena ultimato.
Il messaggio era chiaro: la globalizzazione non riguardava solo la liberalizzazione dei flussi di beni, servizi e capitali, ma la definizione delle regole e delle istituzioni necessarie per guidare i mercati, promuovere la cooperazione e fornire beni pubblici globali.
Ora avanziamo rapidamente fino al 2018. Nonostante un decennio di trattative, i negoziati commerciali globali lanciati nel 2001 non hanno ottenuto risultati. Internet è diventato frammentato e potrebbe frammentarsi ulteriormente. Il regionalismo finanziario è in aumento. Lo sforzo globale per combattere il cambiamento climatico si basa su una serie di accordi non vincolanti, da cui gli Stati Uniti si sono ritirati.
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