PARIGI – Dieci o vent’anni fa, aleggiava il dubbio che l’Unione europea avesse ancora un senso in un mondo globalizzato. Oggi la domanda che ci si pone è se l’Ue sia in grado di rispondere in modo efficace a shock esterni importanti.
Il contesto che circonda l’Europa è caratterizzato da povertà e pericoli. A sud di Gibilterra, il reddito pro capite è cinque volte più basso, l’Ucraina è stata di recente teatro di guerra, il conflitto israelo-palestinese va avanti da più di cinquant’anni, mentre la guerra in Iraq è finita poco prima che scoppiasse il caos in Siria.
Dopo la Seconda guerra mondiale, per molti decenni l’Europa si è potuta permettere di ignorare quello che succedeva oltre i suoi confini: la sicurezza era un problema che riguardava gli Stati Uniti. Le cose, però, sono cambiate. Il ritiro degli Usa dall’Iraq ha evidenziato i limiti dell’impegno americano, mentre i problemi che affliggono i paesi geograficamente vicini all’Ue – non solo la Siria, ma anche quelli situati a est e a sud – ora bussano alle porte dell’Europa. Sembrerebbe, dunque, che la priorità dell’Ue debba essere quella di proteggere se stessa e aiutare a stabilizzare il contesto esterno.
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Since the 1990s, Western companies have invested a fortune in the Chinese economy, and tens of thousands of Chinese students have studied in US and European universities or worked in Western companies. None of this made China more democratic, and now it is heading toward an economic showdown with the US.
argue that the strategy of economic engagement has failed to mitigate the Chinese regime’s behavior.
While Chicago School orthodoxy says that humans can’t beat markets, behavioral economists insist that it’s humans who make markets, which means that humans can strive to improve their functioning. Which claim you believe has important implications for both economic theory and financial regulation.
uses Nobel laureate Robert J. Shiller’s work to buttress the case for a behavioral approach to economics.
PARIGI – Dieci o vent’anni fa, aleggiava il dubbio che l’Unione europea avesse ancora un senso in un mondo globalizzato. Oggi la domanda che ci si pone è se l’Ue sia in grado di rispondere in modo efficace a shock esterni importanti.
Il contesto che circonda l’Europa è caratterizzato da povertà e pericoli. A sud di Gibilterra, il reddito pro capite è cinque volte più basso, l’Ucraina è stata di recente teatro di guerra, il conflitto israelo-palestinese va avanti da più di cinquant’anni, mentre la guerra in Iraq è finita poco prima che scoppiasse il caos in Siria.
Dopo la Seconda guerra mondiale, per molti decenni l’Europa si è potuta permettere di ignorare quello che succedeva oltre i suoi confini: la sicurezza era un problema che riguardava gli Stati Uniti. Le cose, però, sono cambiate. Il ritiro degli Usa dall’Iraq ha evidenziato i limiti dell’impegno americano, mentre i problemi che affliggono i paesi geograficamente vicini all’Ue – non solo la Siria, ma anche quelli situati a est e a sud – ora bussano alle porte dell’Europa. Sembrerebbe, dunque, che la priorità dell’Ue debba essere quella di proteggere se stessa e aiutare a stabilizzare il contesto esterno.
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