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L’Europa deve riconoscere la Cina per quello che è

MONACO DI BAVIERA – Né i cittadini europei né i leader politici ed economici dell’Europa sembrano comprendere appieno la minaccia rappresentata dalla Cina di Xi Jinping. Malgrado egli sia un dittatore che si avvale di tecnologie all’avanguardia per tentare di esercitare un controllo totale sulla società cinese, gli europei considerano la Cina in primo luogo come un partner commerciale importante. Non riescono a capire che, da quando è diventato presidente e segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc), Xi ha instaurato un regime i cui principi guida sono diametralmente opposti ai valori su cui si fonda l’Unione europea.  

L’urgenza di fare buon viso a cattivo gioco con Xi è maggiore in Gran Bretagna, paese in via di separazione dall’Ue, che nell’Unione europea stessa. Il premier Boris Johnson vuole che il Regno Unito si distanzi quanto più possibile dall’Ue, e punta a costruire un’economia di libero mercato svincolata dalle regole europee. Difficilmente riuscirà nell’intento perché l’Ue è pronta ad adottare delle contromisure per contrastare il tipo di deregolamentazione che il governo di Johnson sembra avere in mente. Nel frattempo, però, la Gran Bretagna sta adocchiando la Cina come potenziale partner nella speranza di ripristinare la partnership che l’ex cancelliere dello Scacchiere George Osborne aveva iniziato a costruire tra il 2010 e il 2016.

L’amministrazione Trump, distinta dalla persona del presidente americano Donald Trump, è riuscita a gestire i propri rapporti con la Cina molto meglio. Ha sviluppato una politica bipartisan in cui la Cina figura come un rivale strategico e ha inserito il colosso tecnologico Huawei e molte altre aziende cinesi nella cosiddetta “Entity List”, una lista delle entità sottoposte a restrizioni, che vieta alle imprese statunitensi di avere rapporti commerciali con esse senza l’autorizzazione del governo.

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