Fifteen years after the collapse of the US investment bank Lehman Brothers triggered a devastating global financial crisis, the banking system is in trouble again. Central bankers and financial regulators each seem to bear some of the blame for the recent tumult, but there is significant disagreement over how much – and what, if anything, can be done to avoid a deeper crisis.
BERKELEY – Lawrence Summers, ex Segretario del Tesoro, americano ha avuto una bella battuta al meeting del Fondo Monetario Internazionale di quest’ anno: i governi, ha detto, cercano di curare una caviglia rotta quando il paziente soffre di una insufficienza organica. Summer criticava la forte attenzione dell’ Europa su problemi di secondo ordine quali quelli della Grecia mentre squilibri di gran lunga più gravi –tra il nord e sud della UE, e tra creditori bancari irresponsabili e i governi che hanno mancato di compiere un’adeguata regolamentazione- peggiorano ogni giorno che passa.
Ma, dall’altro lato dell’Atlantico, gli americani non hanno alcun motivo di sentirsi molto fieri. Summers avrebbe potuto usare la medesima metafora per criticare gli Stati Uniti, dove l’attenzione continua sui dilemmi del finanziamento a lungo termine della previdenza sociale sta risucchiando tutto l’ossigeno dagli sforzi per trattare la crisi americana del sistema macroeconomico e della disoccupazione.
Il governo statunitense al momento può contrarre debiti trentennali al tasso di interesse reale (aggiustato per l’inflazione) dell’1% all’anno. Supponiamo che il governo avesse la possibilità di contrarre un debito addizionale di 500 miliardi di dollari per i prossimi due anni e li spendesse in infrastrutture –anche in modo improduttivo, in progetti per i quali il tasso di ritorno è un misero 25% all’anno. Supponiamo che –come sembra il caso- il semplice moltiplicatore Keynesiano della spesa pubblica su tale uscita sia soltanto due.
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